IL PUNTO DELLA SITUAZIONE:
Al confine tra #Polonia e #Bielorussia da mesi è in atto una crisi dei diritti umani: migliaia di persone per lungo tempo intrappolate in una "terra di nessuno", respinte con violenza, schiacciate da muri, fili spinati ed eserciti. Dodici di loro sono morte di freddo. Di chi si tratta? Donne, uomini e bambini provenienti soprattutto dall’Iraq, dall’Afghanistan e dalla Siria.
Chiediamo che le organizzazioni internazionali e quelle della società civile possano accedere a queste persone per fornire immediata assistenza. Chiediamo inoltre che gli stati coinvolti, garantiscano il diritto di chiedere asilo e cessino all’istante di respingere i migranti, rifugiati e richiedenti asilo che cercano protezione.
Amnesty International
Ma come si è arrivati a questa situazione?
Tutto parte il 2 e 21 Giugno 2021. L’UE impone sanzioni contro la Bielorussia in seguito alle accuse di un autoritarismo sempre più duro nei confronti del presidente Alexander Lukashenko, a partire dalla sua contestata rielezione per un sesto mandato ad agosto del 2020.
Lukashenko - accusando l’UE di interferire nei propri affari interni - dichiara che il suo Paese non contribuirà più alla lotta all’immigrazione clandestina, permettendo il transito verso Ovest dei migranti.
--> Nel corso dei mesi, il governo di Minsk fa seguito alle promesse del presidente Alexander Lukashenko, che ha dichiarato di voler “inondare l’Ue di migranti” dopo le sanzioni ricevute per il caso del dirottamento del volo Ryanair.
Ottobre 2021. Pochi giorni dopo la decisione del Tribunale costituzionale polacco di rifiutare la supremazia del Diritto Europeo su quello Nazionale - uno dei fondamenti alla base dell’Ue - il Parlamento polacco approva un emendamento di legge che consente i respingimenti di migranti al confine e permette di ignorare le richieste di asilo provenienti dalle persone che sono entrate illegalmente nel Paese.
Al via anche il piano del governo di erigere un muro lungo la frontiera, un progetto del costo di 353 milioni di euro.
In agosto Christine Goyer, rappresentante dell’Unhcr in Polonia, ha ricordato a Varsavia che:
secondo la Convenzione sui rifugiati del 1951, di cui la Polonia è firmataria, le persone che chiedono asilo non dovrebbero mai essere penalizzate, anche per l’attraversamento irregolare della frontiera
Con la nuova legge, un cittadino straniero sorpreso ad attraversare il confine polacco illegalmente sarà obbligato a lasciare immediatamente il Paese e gli sarà vietato l’ingresso per un periodo di tempo variabile “tra sei mesi e tre anni”.
Varsavia - già sotto accusa da parte delle ONG per i respingimenti di migranti al confine con la Bielorussia - viene criticata per aver imposto lo stato di emergenza alla frontiera, impedendo così l’accesso alle organizzazioni umanitarie e ai giornalisti.
Novembre 2021. La Polonia chiude il confine con la Bielorussia, dopo che un gruppo di migranti ha tenta di entrare nel Paese con la forza, l’8 novembre.
Varsavia accusa Minsk di aver creato una rotta migratoria artificiale, sfruttando i migranti per costringere l’Unione a revocare le sanzioni.
Da parte sua, la Bielorussia, accusa la Polonia di aver peggiorato la situazione, usando gas lacrimogeni contro persone che chiedono protezione.
Questa reazione scatena ulteriori tensioni, con migranti che tentano di abbattere il filo spinato al confine.
La presidentessa della Commissione, Ursula Von der Leyen, invita i 27 Stati membri ad approvare ulteriori sanzioni contro Minsk e parla di attacco ibrido.
Le autorità bielorusse devono capire che fare pressioni sull’Unione Europea in questo modo, attraverso una cinica strumentalizzazione dei migranti non li aiuterà a raggiungere i loro scopi”, afferma.
La situazione al confine
Kuznica è un villaggio nella contea di Sokółka, nel voivodato di Podlaskie, nord-est della Polonia al confine con la Bielorussia. Al check-point di Kuznica si ipotizza migliaia di migranti siano bloccati. L’area è off limits per giornalisti e organizzazioni umanitarie. Civili vengono da giorni respinti dai soldati polacchi mentre provano a passare il muro spinato. «Respingimenti», spiega Gianfranco Schiavone dell’Asgi, associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione, «che sono a tutti gli effetti illegittimi».
La Polonia sta negando il diritto d’asilo? I respingimenti sono illegittimi. Qualunque sia la situazione che porta queste persone al confine polacco, qualunque sia la strumentalizzazione che la Bielorussia sta facendo di queste persone, dobbiamo ricordarci che i migranti che arrivano al confine sono persone di Paesi Terzi che chiedono di entrare in Europa per presentare una domanda di protezione internazionale.
Come sono arrivate in Bielorussia? La Bielorussa ha strumentalizzato queste persone, le ha usate e le sta usando come vere e proprie armi di pressione contro la Polonia. Il Paese ha concesso una serie di visti e facilitazioni per l’ingresso sul territorio. Una volta arrivate in Bielorussa le persone non hanno avuto nessun tipo di protezione ma sono state spinte verso i confini dell’Unione Europea. Ma il fatto che siano state spinte verso l’Unione non autorizza la Polonia a bloccarne l’ingresso: l’Unione Europea non può cancellare il diritto d’asilo alle sue frontiere.
Nel diritto d’asilo è irrilevante come le persone siano arrivate su un confine, quello che conta è che la loro vita, nel Paese d’origine, era in pericolo e che nel Paese che li sta usando come armi, la Bielorussia, non possono avere accesso ad alcuna forma di protezione. Va riconosciuto che la spregiudicatezza politica da parte del regime di Minsk è estrema ma la crisi non può essere risolta usando le stesse vittime di Minsk come armi anche da parte dell’Europa. Quello che la Polonia sta cercando di fare è sospendere lo stato di diritto. Non c’è nessuna giustificazione che possa reggere tale deriva.
Morawiecki, presidente polacco, non chiede l’intervento di Frontex, il governo vuole agire indisturbato. Perché la Polonia sa di commettere non solo gravi illegalità, ma persino crimini quando, oltre ad impedire l'accesso alla propria frontiera da parte dei rifugiati, persino impedisce l'arrivo dei soccorsi umanitari e fa morire le persone intrappolate ritenendo follemente che distribuire viveri e coperte costituisca un fattore di attrazione.
Ultimi sviluppi
Polonia. 1 dicembre 2021.
Il presidente della Polonia, Andrzej Duda, ha ratificato un disegno di legge che impone un divieto di accesso nell'area di confine a giornalisti e operatori di organizzazioni non governative. Per entrare nella zona sarà necessario ottenere un permesso dalle Guardia di frontiera che potrà accordarlo "a sua discrezione". La legge, riporta la stampa locale, è entrata in vigore al termine dello stato d'emergenza frontaliero che Varsavia aveva introdotto il 2 settembre in seguito a un aumento di migranti provenienti dalla Bielorussia.
Il ministro dell'Interno Mariusz Kaminski ha motivato la misura con "ragioni di sicurezza". Rispetto all'area designata dallo stato d'emergenza, il nuovo provvedimento comprende più villaggi, ben 183, ed è profonda tre chilometri. Ieri, secondo la polizia, sono stati registrati 134 tentativi di accesso irregolare.
Il garante per i diritti umani della Polonia ha contestato la legge, sostenendo che vieta il diritto all'informazione esercitato dai media e più in generale la libertà di movimento costituzionalmente riconosciuta, permettendo al ministero dell'Interno limitazioni a tempo indeterminato. Le organizzazioni non governative hanno richiamato l'allarme sulla crisi umanitaria, dal momento che i profughi sono per lo più accampati all'aperto e in questi giorni sono in corso nevicate.
Ochojska-Okonska continua: "Mi ha colpito la brutalità e la leggerezza con cui il governo polacco ha delineato questa legge che mette a rischio la vita di tanti migranti oggi bloccati al confine e nei boschi. Forse non potremo cambiare questa situazione ma vogliamo esserne testimoni".
Le fa eco l'eurodeputata francese Fabienne Keller, di Renew Europe, che dichiara: "Il fatto che la Polonia non rispetti lo stato di diritto è una questione annosa. Ma con questo blocco alla frontiera, la situazione diventa critica, la gente muore". L'ungherese Katalin Cseh, del gruppo Renew Europe, aggiunge: "Questa è anche la frontiera dell'Unione europea e non è possibile fare una cosa del genere in Europa. Dobbiamo fare il possibile per rispettare gli standard europei e assistere queste persone. Ci auguriamo che il governo polacco voglia collaborare con le istituzioni europee e le agenzie come Frontex per trovare una soluzione comune, e gestire una crisi che altrimenti si ripresenterà ancora e ancora".
Unione Europea. 1 Dicembre 2021.
La Commissione Europea propone misure temporanee che consentirebbero a Lettonia, Lituania e Polonia di derogare alle norme dell’Unione, anche trattenendo richiedenti asilo e migranti alla frontiera per 16 settimane con garanzie minime. Più tempo per registrare le domande d'asilo, centri di detenzione al confine e procedure semplificate per espellere tutti i migranti che dovessero vedere la propria domanda respinta. Sono alcune delle nuove misure temporanee che la Commissione ha approvato per fronteggiare quella definisce una “guerra ibrida” sul confine orientale dell’Ue.
La posizione di Amnesty International
Come società civile europea e organizzazioni specializzate che si occupano di asilo, migrazione, assistenza umanitaria e diritti umani, siamo scioccati dal perdurare della crisi umanitaria ai confini tra l’UE e la Bielorussia, la quale è causa di immense sofferenze e ha portato alla morte di almeno dieci persone.
Nel condannare a pieno le azioni del governo della Bielorussia, sollecitiamo una risposta da parte dell’UE, degli Stati membri dell’UE e di tutte le organizzazioni europee e internazionali competenti che sia in linea con gli obblighi giuridici europei e internazionali e con gli standard minimi di dignità condivisi.
Le persone al centro della crisi sono strumentalizzate all’interno del conflitto di natura securitaria tra l’UE e la Bielorussia, ma queste persone non sono di per sé una minaccia alla sicurezza, e non dovrebbero essere considerate né trattate da entrambe le parti come se fossero un’arma. In realtà, tutte le testimonianze suggeriscono la presenza molti gruppi altamente vulnerabili tra le persone coinvolte in questi eventi, tra cui donne incinte, famiglie con bambini piccoli e persone anziane o ferite. Tra loro c’è chi è fuggito da guerra e persecuzioni dalla Siria, dallo Yemen, dall’Afghanistan e dall’Iraq, e chi, in assenza di percorsi sicuri e legali, non aveva alternative per raggiungere in luogo sicuro. Segnaliamo anche che, nonostante le gravi tensioni esistenti tra gli Stati coinvolti, la situazione, come per molte altre alle frontiere dell’UE, è gestibile e dovrebbe essere affrontata con uno sguardo in prospettiva. A livello globale, tanti paesi in situazioni molto precarie affrontano contesti complessi di sfollamento, con dimensioni geopolitiche e di sicurezza e che coinvolgono un numero nettamente superiore di persone. Ciò di cui c’è bisogno è una risposta chiara che includa una ferma difesa del diritto d’asilo e del diritto europeo e internazionale.
Proponiamo quindi le seguenti risposte che interessano i vari elementi della crisi:
Garantire l’accesso al diritto d’asilo alle frontiere
Secondo il diritto comunitario e internazionale, chiunque cerchi asilo alle frontiere, indipendentemente dal modo in cui è arrivato, ha il diritto di presentare una domanda d’asilo. L’accesso all’asilo in Polonia, Lituania e Lettonia dovrebbe essere immediatamente ripristinato sia nella sua forma giuridica che in quella pratica. Ciò significa che tutte le misure volte ad impedire alle persone di accedere al territorio dell’UE e di presentare una domanda di asilo devono cessare. Questo include l’ostacolare il raggiungimento del territorio dell’UE, anche mediante l’uso della forza e di istruzioni date alle guardie di frontiera di condurre respingimenti, impedendo quindi di presentare la domanda di asilo limitando l’effettivo accesso alla procedura mediante restrizioni geografiche su dove possono essere presentate le richieste, e mediante i tentativi di derogare alla legislazione sull’asilo e alle misure di tutela contro il refoulement.
Garantire l’accesso umanitario
A breve termine, è essenziale che gli Stati coinvolti garantiscano l’accesso umanitario alle persone colpite, in modo tale che le organizzazioni umanitarie possano raggiungerle e prestare assistenza. Il fatto che gli Stati membri dell’UE impediscano la fornitura di assistenza salvavita alle persone, alcune delle quali estremamente vulnerabili, è deplorevole e irresponsabile. Inoltre, rischia di avere implicazioni negative per l’accesso umanitario in contesti di sfollamento al di fuori dell’UE e mina il ruolo dell’UE come attore umanitario credibile.
Se la situazione di stallo dovesse continuare, la decisione di evacuare immediatamente le persone dalla regione di confine negli Stati membri dell’UE, anche avvalendosi delle offerte già ricevute da parte della società civile, delle città e dei gruppi religiosi per accoglierle, è un’opzione che potrebbe evitare ulteriori perdite di vite umane. In parallelo, gli Stati membri dell’UE dovrebbero discutere e concordare accordi di ricollocazione ad hoc. Trasportare le persone in paesi terzi per il procedimento di asilo, come è stato proposto, è illegale secondo il diritto internazionale e comunitario, e politicamente non realizzabile.
Abrogare la legislazione interna non conforme
La situazione alla frontiera esterna ha determinato delle modifiche alla legislazione nazionale in materia di asilo. Come dimostra l’analisi giuridica della legislazione adottata in Lituania, Polonia e Lettonia, alcuni cambiamenti legislativi sono incompatibili con l’acquis dell’UE in materia di asilo, i trattati UE, la Carta dei diritti fondamentali e il diritto internazionale. In Lituania, i cambiamenti mirano a limitare l’accesso all’asilo, a sopprimere le misure di tutela per le persone in situazioni vulnerabili, a permettere la detenzione automatica, a limitare l’accesso a un rimedio legale efficace e a ridurre l’accesso alle misure di accoglienza.
Nel caso della Polonia, la nuova legislazione si pone in diretta violazione del principio di non refoulement, consentendo l’allontanamento delle persone dalla Polonia anche dopo che abbiano fatto domanda di protezione internazionale e senza un esame individuale per verificare se l’allontanamento porterà a una violazione dei loro diritti umani. In Lettonia, i cambiamenti legislativi precludono alle persone che attraversano il confine la possibilità di chiedere asilo, il che significa che il diritto di chiedere asilo e il principio di non refoulement non sono rispettati. Sebbene alcuni degli emendamenti siano – in teoria – temporanei e la loro applicazione limitata geograficamente, essi rischiano comunque di istituzionalizzare una pratica illegale. Chiedere asilo è un diritto fondamentale e il non refoulement è un principio inderogabile che deve essere osservato anche in tempi di emergenza.
La Commissione europea deve dare seguito alla sua richiesta rivolta agli Stati membri di rimuovere gli aspetti della legislazione che violano il diritto comunitario. Il rispetto del diritto dell’UE dovrebbe essere una condizione di base per ottenere il sostegno dell’UE. Se gli Stati membri si rifiutano di rispettare il diritto comunitario e internazionale, devono essere prese in considerazione misure di disciplinari e di infrazione.
Contrastare la repressione della società civile, dei media e degli operatori legali.
La situazione alle frontiere dell’UE ha provocato tentativi da parte degli Stati membri di intimidire e reprimere la società civile, i media e gli operatori legali che cercano di intervenire nel rispetto delle loro funzioni professionali. Le attività volte a fornire assistenza umanitaria e legale alle persone alla frontiera non devono essere criminalizzate. Vietare l’accesso alle zone di confine alla società civile e ai giornalisti non solo lascia le persone senza alcun sostegno, ma ha anche ripercussioni sul lavoro della società civile indipendente e dei media al di fuori dell’Europa. È essenziale che la situazione nella zona di confine sia monitorata da attori indipendenti per garantire il rispetto del diritto europeo e internazionale. Gli atti di violenza devono essere condannati e indagati.
Porre gli standard dei diritti umani e la trasparenza al centro della cooperazione con i paesi terzi
Attualmente, l’UE sta cercando in modo proattivo accordi con paesi terzi sia per fermare le persone che arrivano alla frontiera dell’UE, sia per rimpatriare i propri cittadini. Bisogna assicurarsi che qualsiasi accordo con paesi terzi, come l’Iraq, la Turchia o il Libano, sia in linea con le norme internazionali sui diritti umani, a partire dal diritto di lasciare il proprio paese e dagli obblighi di non refoulement. Per assicurare il controllo democratico sugli accordi dell’UE con i paesi terzi, il contenuto di qualsiasi accordo dovrebbe essere reso pubblico, e il Parlamento europeo dovrebbe avere un ruolo significativo nel monitoraggio degli accordi. Anche il monitoraggio indipendente e il sostegno alle persone rimpatriate dovrebbero essere garantiti.
L’UE e i suoi Stati membri devono far fronte alla crisi al confine in conformità con i loro obblighi legali internazionali e comunitari. L’attuale quadro politico e giuridico, se applicato, fornisce tutti gli elementi per gestire questa situazione nel rispetto dei diritti, in maniera calma e ben gestita. Siamo allarmati nel sentire che si stanno elaborando proposte che potrebbero consentire deroghe ingiustificabili al diritto comunitario e internazionale.
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