“Ed ecco dal bosco spuntare il lupo cattivo”, ogni favola che si rispetti recita così. Il lupo - la paura - diventa necessario per far risaltare gli altri elementi magici e positivi della storia.
Dare voce a certe paure ed orrori, certo, non è sempre così semplice, non si risolve solo con un lupo, c’è un intero schema di mostri da raccontare, come nel caso di Fortuna, film di finzione, opera prima del regista Nicolangelo Gelormini.
Una storia di abusi e violenze vista dagli occhi dei bambini, i veri protagonisti.
Gelormini si ispira ad un fatto di cronaca della nostra storia più che recente: è il 2014, Fortuna Loffredo, una bambina di sei anni, precipita dall’ottavo piano di un palazzo del quartiere Parco Verde di Coivano.
Precipita, però, di schiena: si scopre così che a gettarla con forza è stato il suo violentatore, nel dubbio che magari potesse parlare e svelare un giro di abusi su minori che coinvolgeva altre persone, inquilini del palazzo.
Il trailer del film (fonte: YouTube)
La storia si sviluppa tra fantascienza e realismo, in una realtà ai margini della realtà: la periferia con tutte le sue facce inquietanti e disturbanti, i paesaggi degradati sono accompagnati da silenzi, rotti da rumori disturbanti. Il silenzio dell’omertà, ma anche di una verità troppo forte da raccontare, che porta via le parole a Fortuna, la protagonista, che non può far altro che chiudersi in sé stessa.
Le musiche dei Golden Rain, creano un’atmosfera di terrore e suspance: ogni momento può trasformarsi in orrore, e lo spettatore attende sospeso su un filo di angoscia.
Una scena del film (fonte: YouTube)
La trama si sviluppa attraverso un dualismo tra vite opposte, quella di Nancy e quella di Fortuna, che sono la stessa persona ma vivono due trascorsi differenti.
All’inizio si racconta di Nancy, avvolta dal mistero della magia e fantasia, dove gli amici la credono regina del regno di Tabbis, un regno lontano, abbandonata sul pianeta terra e destinata a ritrovare in futuro la via di casa. Il suo nome da regina sarebbe stato, appunto, Fortuna, ma la bambina è affetta da “sindrome da disorientamento temporale”, che “lo dice la parola: temporale. Come la pioggia, poi passa” - le dice la mamma - e quindi non può ricordare nulla.
La storia si interrompe, e da Nancy si passa a Fortuna, la cui vita di magia non ne ha molta, un’infanzia rotta e tradita dal mondo adulto, orrido e crudele.
La voce dei bambini guida attraverso gli eventi - non sono i grandi a parlare - è una voce ferma e decisa, che non lascia spazio a fraintendimenti e racconta con crudezza e semplicità una realtà e una condizione che i bambini della storia sono costretti a vivere.
Le violenze sessuali e psicologiche sono restituite al pubblico attraverso un montaggio che trasforma il lungometraggio in un susseguirsi di inquadrature taglienti e profonde, che tormentano chi guarda, scuotendolo nel profondo.
Dove non arriverebbero le parole della sceneggiatura, arrivano le musiche, gli sguardi e i colori. Cupi, come in una casa dove il sole non batte mai, chiaroscuri, che mostrano ma al contempo nascondono.
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