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"Non dirmi che hai paura" - Giuseppe Catozella



Giuseppe Catozella, in “Non dirmi che hai paura,” ci racconta la storia di Samia, una ragazzina somala che sogna di correre, correre forte e vincere le Olimpiadi. A tre settimane dallo scoppio della guerra civile in Somalia, nella piccola città di Mogadiscio, nasce una ragazzina con il cuore pieno di sogni. La sua è una famiglia molto povera, costretta a condividere la casa con la famiglia di Alì, coetaneo e presto migliore amico e allenatore di Samia.

Fin da piccola, Samia rivela un innato talento per la corsa, ed a soli 8 anni comincia a competere e vincere le prime gare locali. Il suo mito è Mo Farah, il corridore originario di Mogadiscio che lasciò la Somalia per trovare rifugio in Inghilterra e divenuto poi campione olimpico nei 5000m e 10000m all’Olimpiadi di Londra (2012) e Rio de Janeiro (2016). Samia, però, il suo sogno vuole realizzarlo in Somalia, lei vuole vincere da somala, da donna libera somala. Non avrebbe mai lasciato il suo paese, ma l’avrebbe cambiato con la forza dei propri sogni.


Samia Yusuf Omar alle Olimpiadi di Pechino 2008


Catozzella ci racconta, con un’incredula prima voce narrante, il giorno che cambierà la vita di Samia per sempre. È agosto 2008 quando il Comitato Olimpico somalo convoca Samia per portarla alle Olimpiadi di Pechino, un sogno che diventa realtà. Catozzella ci trascina in un vortice di emozioni che raccontano lo stupore, la felicità ma anche un senso di inadeguatezza attraverso gli occhi di una bimba che per la prima volta viene a contatto con un mondo distante, diverso, che aveva finora immaginato tra pezzi di giornale e radio interrotte.

Il 19 agosto 2008, Samia è ai blocchi di partenza dei 200m. Affianco a lei, Veronica Campbell-Brown, una delle atlete più veloci al mondo. Samia la descrive come “bellissima, perfetta, imperiosa come una statua, profumata come una diva.”

La più bassa, la più magra, la più piccola, Samia indossa fieramente una maglietta bianca, lavata dalla mamma la settimana prima, i fuseaux neri che avvolgono i suoi due “rametti secchi,” e la sua fascetta portafortuna bianca che il papà le aveva regalato quasi dieci anni prima. È ultima al traguardo, distaccatissima, ma lo stadio non smette di applaudire per lei. Samia diventa un mito, un’eroina, un simbolo per le donne musulmane che in lei vedono speranza, sogni e fiducia.


Fonte: YouTube


Al suo ritorno in Somalia però tutto diventa più difficile.

Gli integralisti prendono sempre più potere, e Samia che si era mostrata alle telecamere di tutto il mondo senza veli e coraggiosa di rincorrere i suoi sogni, non è vista di buon occhio. Presto allenarsi diventa sempre più difficile, e lei che si era promessa di non lasciare mai il suo paese, è costretta ad accettare che a Mogadiscio non c’è più spazio per i suoi sogni. Samia decide di seguire le orme della sorella maggiore e di partire anche lei per il “grande viaggio” verso l’Europa. Ci mette 18 lunghi mesi di sofferenze, minacce, ed abusi per raggiungere la Libia, l’Italia ora è un passo da lei. Di nuovo con il cuore pieno di sogni, Samia si imbarca per attraversare il Mediterraneo, per inseguire i suoi sogni e vivere libera. Questa volta però il suo coraggio non basta.

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