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Stupro come tortura: un approccio sensibile al contesto

Aggiornamento: 9 mar 2021


Questo articolo ha lo scopo di argomentare le due seguenti posizioni:

  • c'è un legame tra lo stupro ed il diritto di essere liberi dalla tortura e da altri maltrattamenti;

  • la mancanza di consenso è l'elemento chiave per definire casi di stupro.

Per entrambi i punti, l'argomento è affrontato in primo luogo attraverso le lenti teoriche del femminismo e successivamente attraverso gli sviluppi legali del diritto internazionale.

Pur riconoscendo che tutte le forme di violenza sessuale, indipendentemente dal sesso o dall'identità di genere della vittima, rappresentano una violazione di diritti umani, l’attenzione è qui posta sullo stupro di donne e ragazze, poiché ne sono colpite in modo sproporzionato.

Lo stupro come tortura


Storicamente, le donne sono state percepite come un bene di proprietà: lo stupro per lungo tempo non è stato altro che un crimine contro il patrimonio personale di un marito o di un padre. Secondo la “marital rape exemption”, i cui effetti persistono e interferiscono con i procedimenti legali per stupro coniugale in diversi paesi, non poteva essere considerato un crimine un rapporto sessuale forzato dall’uomo nei confronti della moglie, poiché questa era di sua proprietà. In questo contesto, gruppi femministi hanno proposto l'idea rivoluzionaria dello stupro come crimine contro la vittima stessa. Dalle visioni liberali che considerano lo stupro come un attacco indipendente dal genere della vittima e simile ad altre aggressioni illegittime, a visioni radicali che considerano lo stupro come una conseguenza naturale della struttura patriarcale della società, le femministe sfidano la credenza che la vittima possa affermare di essere stata violentata solo nel caso in cui abbia resistito fisicamente.

Adottando definizioni radicali di stupro come pilastro delle costruzioni patriarcali di genere, "lo stupro non è commesso da persone devianti dalle nostre norme sociali - lo stupro è commesso da rappresentanti delle nostre norme sociali...Lo stupro non è un caso, non è un errore - incarna la sessualità come la cultura la definisce" (Dworkin, via Whisnant, 2009). Il contributo più importante del femminismo radicale è stato il cambio di prospettiva: lo stupro come violazione dei diritti umani che può essere equiparata alla tortura.

Nel 1993, Catharine MacKinnon afferma che l'unica differenza tra lo stupro e la tortura è il fatto che quest’ultima "viene fatta sia agli uomini che alle donne". Sebbene ella trascuri il fenomeno dello stupro maschile per una mancanza di conoscenza al tempo, il suo punto è che etichettare gli abusi sulle donne come tortura potrebbe dare allo stupro riconoscimento internazionale. La definizione UNCAT (Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura) di tortura come "forte dolore o sofferenza", inflitta per scopi specifici o per discriminazione, corrisponde perfettamente al danno causato dallo stupro. Quando il dolore non viene inflitto ad un particolare scopo, livelli significativi di sofferenza equivalgono ad altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti. Inoltre, le natura degli attori che infliggono torture (funzionari statali) e le ragioni (politiche) sono le stesse per lo stupro. MacKinnon sostiene che tutto ciò che riguarda lo stupro è politico: gli abusi contro le donne non sono "casuali", ma sono la conseguenza di strutture di potere. Se l'acquiescenza dello Stato è una condizione necessaria per la definizione di tortura (ad eccezione del diritto penale internazionale), allo stesso modo lo stato è complice negli stupri, dal momento in cui li condona con leggi che scarseggiano di meccanismi di difesa per le vittime. Pertanto, sebbene l'autore del reato può non essere un funzionario statale, non si può negare la complicità dello Stato nell’atto. Tortura e stupro condividono dunque le stesse caratteristiche: infliggono un danno ad uno scopo ben preciso, hanno natura politica e sono responsabilità dello Stato.

Questo approccio femminista ha avuto un enorme impatto sul diritto internazionale.

Lo stupro è stato riconosciuto come una forma di tortura quando l'autore agisce in veste ufficiale o per conto dello Stato. Tuttavia, anche gli Stati hanno obblighi positivi e negativi: non dovrebbero infliggere torture o altri maltrattamenti e dovrebbero invece, secondo i loro obblighi positivi, adottare leggi che proteggano dallo stupro, nonché misure investigative e penali efficaci. Come affermato da Amnesty International nel 2018, "il fallimento nel prevenire efficacemente lo stupro e nell'indagare accuse di stupro equivale ad una violazione del diritto di essere liberi dalla tortura e da altri maltrattamenti". La responsabilità legale dello Stato non significa che tutti i perpetratori agiscono per conto dello stato durante lo stupro, ma piuttosto che lo Stato deve essere ritenuto responsabile per i suoi atti o omissioni.

Il caso EB c. Romania (CEDU, 2019) è una pietra miliare. La Corte ha sostenuto che gli Stati hanno il dovere positivo di svolgere indagini efficaci per casi di stupro, indipendentemente dal fatto che l'autore sia un agente statale, un partner violento o un estraneo alla vittima. Ciò ha consentito di superare l'argomento secondo cui "tutti gli stupri sono uguali ma alcuni sono più uguali di altri" (McGlynn, 2008), affermando che gli stupri domestici sono non meno gravi degli stupri che hanno un nesso più o meno diretto con lo Stato. Poiché E. non era stata violentata da funzionari statali, la corte ha analizzato l'efficacia delle misure di indagine e del procedimento penale. Secondo la corte, i seguenti errori sono stati commessi:

- la polizia non ha preso sul serio la testimonianza di E;

- la polizia non ha analizzato i profili personali di E e dello stupratore (T), trascurando la diagnosi psichiatrica di oligofrenia che rendeva E un individuo vulnerabile avente bisogno di maggiore protezione e non considerando la precedente condanna di T per stupro;

- le circostanze dell'abuso (lo stupro era avvenuto di sera ed in prossimità di un cimitero) non sono state considerate fondamentali per valutare il consenso di E;

- la Procura ha deciso di non aprire il procedimento penale perché E. non aveva chiesto aiuto e non c'erano segni di resistenza fisica da parte della vittima.

Il tribunale ha dichiarato colpevole la Romania per aver violato l'articolo 3 CEDU (divieto di trattamenti inumani o degradanti) e l'articolo 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare).

Un altro punto che deve essere sottolineato riguarda il fatto che lo stupro è un fenomeno che non esiste solo a causa dell'azione o dell'inazione dello stato. È supportato dal sistema d'istruzione, dai media, dalla politica, dall'economia e dalla cultura. Le leggi giocano un ruolo significativo ma non possono essere le sole responsabili. Gli aspetti culturali influenzano fortemente anche il secondo concetto che viene affrontato: il consenso.


Mancanza di consenso


Tornando alle teorie femministe, queste hanno eliminato la necessità di prove di resistenza fisica da parte della vittima affinché un'aggressione possa essere definita stupro. Più in generale, hanno ampliato la definizione di stupro oltre il mero uso della forza fisica (o la sua esplicita minaccia). Se la mancanza di consenso è considerata la caratteristica centrale dello stupro, la questione diventa allora come si può definire il consenso.

Il consenso sessuale da parte delle donne è stato storicamente inteso in modo piuttosto ampio, semplicemente come assenza di rifiuto o resistenza; femministe come MacKinnon hanno sfidato questa visione e l’idea che l'aspetto fisico, la posizione sociale, la storia sessuale di una donna o il suo rapporto con l'uomo siano segnali impliciti di consenso (parliamo del fenomeno di victim blaming). È necessario rifiutare il concetto di attitudinal consent che considera vestiti rivelatori, sguardi provocanti ecc.. come prova della volontà di avere rapporti sessuali. Il consenso è piuttosto performative, il che significa che non è intrinseco all’essere donna ma deve essere concesso attivamente. Tuttavia, l'apparente consenso esplicito non è ancora sufficiente: il contesto deve essere preso in considerazione. Whisnant (2009) afferma che, in alcuni casi, "sì" può significare anche "no". Ad esempio, l'autore del reato può utilizzare minacce prima e durante il rapporto: può minacciare la vittima di citarla in giudizio per la custodia dei loro figli, di sfrattarla, di renderle la vita miserabile [..] se lei si rifiutasse di fare sesso.

Senza una definizione condivisa di consenso, la resistenza culturale gioca un ruolo importante. Tuttavia è bene trattare il problema della legislazione inadeguata sugli stupri non da un punto di vista meramente culturale. La scusa culturale è facile ma inefficace: lo stupro non è semplicemente una questione di cultura e di contesti, ma una questione di strutture patriarcali di potere che causano esclusione femminile diffusa a livello mondiale. In effetti, il rapporto di Amnesty International del 2018 chiarisce che la tendenza globale, compresa quella europea, ha conosciuto un aumento del numero di denunce di stupro insieme ad un numero statico o in calo di procedimenti giudiziari e condanne.


Passando agli effetti nel diritto internazionale, è necessario sottolineare la posizione sullo stupro del Tribunale Penale Internazionale per l'ex Jugoslavia (ICTY) durante il suo primo processo nel 1996. Lo stupro è stato definito come indesiderata penetrazione sessuale piuttosto che mero uso della coercizione.

Il concetto di consenso è delineato meglio nella Convenzione di Istanbul, ovvero il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica. (Qui la Convenzione di Istanbul e la sua attuazione nell'ordinamento interno italiano). In particolare, "il consenso deve essere dato volontariamente, quale libera manifestazione della volontà della persona, e deve essere valutato tenendo conto della situazione e del contesto". Essendo una volontà chiara e continuativa ad impegnarsi in un'attività sessuale, il consenso può essere revocato in qualsiasi momento. Una definizione di consenso condivisa a livello mondiale non è ancora presente, nemmeno tra i ratificanti della Convenzione di Istanbul. Tuttavia è necessario passare da un approccio basato meramente sulla prova di violenza impiegata ad uno maggiormente sensibile al contesto.

Alcune indicazioni sulla natura del consenso possono essere trovate alla regola 70 del Regolamento di procedura e di prova della Corte Penale Internazionale: il consenso può essere dato liberamente e genuinamente solo quando il libero arbitrio della persona non è influenzato da circostanze coercitive, e la persona è nelle condizioni di acconsentire. In poche parole, un semplice approccio basato sulla violenza non è sufficiente. La mancanza di segni fisici che dimostrino resistenza è comune: immobilità di fronte al perpetratore è una risposta psicologica e fisiologica che lascia la vittima incapace di resistere. D'altra parte, un semplice interesse per la mancanza di consenso è un approccio incompleto: "le definizioni di violenza sessuale basate [esclusivamente] su una mancanza di consenso possono comportare la seconda vittimizzazione della sopravvissuta costringendo l'accusa a dimostrare oltre ogni ragionevole dubbio che la sopravvissuta non ha acconsentito" (UN Women, 2012). Ciò significa che il criterio della violenza non dovrebbe essere totalmente eliminato dalla definizione di stupro. Più specificamente, è necessaria un'analisi approfondita delle circostanze coercitive, senza tornare ad una sterile enfasi sull'uso della violenza in sé.


Mentre un semplice focus sulla violenza vede l'assenza di tracce di resistenza o di testimoni come prove di sesso consensuale, un approccio basato sul consenso significa che il contesto è importante.


Il caso MC c. Bulgaria (CEDU, 2004) ha stabilito che il fattore decisivo per definire lo stupro è la mancanza di consenso piuttosto che la prova della resistenza fisica da parte del sopravvissuto. Il caso riguardava un'adolescente bulgara, MC, che affermava di essere stata violentata da due uomini nel 1995. Nella sua dichiarazione agli investigatori, la ragazza ha affermato di non aver avuto la forza di resistere. Nel 1997 il Pubblico Ministero ha ordinato la chiusura delle indagini penali perché l'uso della forza contro MC non era stato stabilito oltre ogni ragionevole dubbio. Inoltre, non c'erano prove di resistenza da parte sua o tentativi di cercare aiuto. La ragazza ha presentato ricorso alla Procura, ma ancora una volta l'assenza di tracce di resistenza fisica come lividi o indumenti strappati è stata considerata sufficiente per chiudere le indagini. Il caso è stato portato davanti alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, sostenendo che le leggi bulgare che richiedevano prove tangibili di resistenza fisica fossero inadeguate. La Corte ha stabilito che le autorità bulgare "non hanno esaminato le possibilità disponibili per stabilire tutte le circostanze ed il contesto".


Conclusioni


È necessario stabilire lo stupro secondo un approccio basato sul contesto e trattare tale atto come una violazione del diritto di essere liberi da tortura e altri maltrattamenti. La responsabilità legale per casi tortura non implica che gli Stati siano legalmente responsabili di tutti gli stupri perpetrati sotto la loro giurisdizione, tuttavia devono essere ritenuti responsabili per la mancanza di misure preventive e riparatrici.

Analizzando la legislazione sullo stupro in 31 paesi in Europa, solo 12 di questi hanno adottato leggi sul consenso: è chiaro che devono ancora essere compiuti enormi passi per ottenere una definizione che dia un ruolo centrale alla vittima e sia sensibile all'identità di genere.

In particolare, tutti gli Stati devono adottare una definizione in linea con l'art. 36 della Convenzione di Istanbul, secondo cui lo stupro è

  1. un atto sessuale non consensuale con penetrazione vaginale, anale o orale compiuto su un’altra persona con qualsiasi parte del corpo o con un oggetto; altri atti sessuali compiuti su una persona senza il suo consenso [..]. Inoltre

  2. il consenso deve essere dato volontariamente, quale libera manifestazione della volontà della persona, e deve essere valutato tenendo conto della situazione e del contesto.

In Italia il codice penale fa riferimento ad una definizione di stupro basata esclusivamente sull'uso della violenza, della forza, della minaccia di uso della forza o della coercizione.

L'articolo 609-bis, introdotto con la legge n. 66 del 1996, punisce la condotta di chi, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità, costringa l'altra persona a subire atti sessuali e quella di chi che induce l'altra persona a compiere o subire atti sessuali abusando delle sue condizioni di inferiorità fisica o psichica. L'articolo 609-ter, prevede invece delle circostanze (dette aggravanti). Il consenso non ha tuttavia alcuno spazio nella legislazione italiana, sebbene la Convenzione di Istanbul sia stata ratificata dal nostro paese nel 2014.



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